Perché procrastiniamo? Cause psicologiche e strategie per smettere di rimandare

Rimandare un compito è un’esperienza che quasi tutti abbiamo vissuto almeno una volta nella vita. Tuttavia, quando la procrastinazione comincia a influire su aspetti importanti della nostra vita, può compromettere il nostro benessere. Ma cos’è esattamente la procrastinazione? Cosa ci porta a rimandare un lavoro che sappiamo di dover portare a termine? In questo articolo approfondiremo le cause di questa tendenza e vedremo come poterla affrontare.
Cos’è la procrastinazione?
Non esiste una definizione univoca di procrastinazione, in questo articolo seguiremo quella proposta da Piers Steel nel 2007:
Una forma di autoregolazione caratterizzata dal rimandare in modo non necessario le azioni pianificate, nonostante l’attesa di conseguenze negative.
Questo comportamento è particolarmente comune in ambito accademico, dove molti studenti si descrivono come procrastinatori. I contesti lavorativi non sono tuttavia immuni dalla tendenza a procrastinare, che si rivela essere quindi abbastanza diffusa in vari contesti tra loro anche molto diversi.
È importante notare come la tendenza a procrastinare non si presenti con la stessa frequenza in ogni ambito della nostra vita, ma si leghi spesso a compiti o contesti specifici.
- Potrei, ad esempio, rimandare la preparazione ad un esame che percepisco come particolarmente difficile.
- Un’altra possibilità potrebbe essere la tendenza a non iniziare la preparazione di una materia per me poco stimolante.
- Una parte del lavoro meno interessante o, al contrario, ad una prestazione particolarmente difficile, come ad esempio l’incontro con un cliente particolarmente esigente.
Approfondiamo quindi i fattori principali alla base della procrastinazione.
Perché procrastiniamo?
Come accennavamo la procrastinazione può essere vista come un tentativo di regolare emozioni spiacevoli, come paura e ansia legate alle aspettative sul risultato di un compito. Rimandare diventa una strategia per evitare di affrontare queste emozioni.
Osserva quello che accade quando rimandi un compito che dovresti iniziare, presta attenzione ai tuoi pensieri ed alle emozioni che provi in quel momento:
- Pensi a quanto quel lavoro che stai per intraprendere sia particolarmente macchinoso e noioso per te?
- Provi un senso di agitazione e di ansia, perché il risultato di quel lavoro sarà valutato da un professore o da un tuo superiore al lavoro?
Andremo a vedere quali sono i fattori principali che spingono a procrastinare, ma ricordiamo che un aspetto estremamente importante è quello di osservare quello che ci accade nei momenti in cui tendiamo a rimandare un compito comprendere l’aspetto specifico che ci spinge maggiormente a procrastinare è il primo passo per prenderne consapevolezza e comprendere come affrontare la situazione.
L’avversione al compito
Uno dei fattori principali della procrastinazione è l’avversione verso un compito percepito come spiacevole o noioso. Tuttavia, è importante notare che chi procrastina di solito mantiene la volontà di completare il compito, ma trova difficile iniziarlo.
Questo aspetto può legarsi particolarmente allo stato d’animo che proviamo nel momento in cui ci approcciamo al compito da svolgere.
Sentirci particolarmente stanchi può andare ad alimentare l’avversione al compito, portandoci a rimandare l’inizio di quel compito quando avremo uno stato d’animo più propenso ad intraprenderlo.
Impulsività e gratificazione immediata
Le persone con alti livelli di impulsività tendono a procrastinare maggiormente. Questo comportamento si collega alla difficoltà di tollerare emozioni come la noia, associate a compiti poco gratificanti. Invece di affrontare il compito, si preferisce quindi dedicarsi ad attività più piacevoli nell’immediato che vanno ad alleviare il senso di noia e promuovono stati d’animo più piacevoli nell’immediato:
- “Questa parte è davvero noiosa, la faccio più tardi, ora mi guardo un episodio di una serie.”
- “Ora sono troppo stanco, mi ci metto dopo.”
In alcuni casi questa tendenza si lega alla ricerca di impulsi più forti e a stati d’animo maggiormente euforici. Talvolta quindi il procrastinare si lega successivamente al dover lavorare in un tempo più breve e vicino alla scadenza, dove la pressione è maggiore ed il tempo scarseggia. La ricerca di sensazioni forti può spingere alcune persone a utilizzare la procrastinazione per ritrovare quel senso di attivazione, dato dalla vicinanza alla scadenza.
Un aumento dell’attivazione può effettivamente migliorare la performance entro certi limiti, come spiegato dalla legge di Yerkes-Dodson
Tuttavia, questa tendenza a rimandare spesso diventa un meccanismo per attenuare temporaneamente le emozioni spiacevoli, ma non risolve il problema alla radice andandolo anzi ad alimentarlo.
“Non credo di riuscirci”
Un altro elemento chiave della procrastinazione è legato al concetto di autoefficacia, ovvero alla nostra generale percezione di ritenerci in grado di completare con successo un compito fiduciosi nelle nostre capacità.
- Alta autoefficacia: se ci sentiamo competenti in un determinato ambito, siamo più propensi a iniziare e completare un compito.
- Bassa autoefficacia: al contrario, quando dubitiamo delle nostre capacità, tendiamo a rimandare.
L’autoefficacia può variare a seconda del compito che andiamo ad affrontare. Questo si ricollega al fatto che anche la procrastinazione non sempre è presente in ogni ambito.
- Se mi sento particolarmente sicuro rispetto alle mie capacità di parlare in pubblico per me non sarà preoccupante fare una presentazione di fronte ad una platea in quanto sento di avere le capacità necessarie per affrontare quel compito con successo
- Se al contrario non ritenessi di avere le capacità necessarie per parlare di fronte a un pubblico, le emozioni spiacevoli che provo durante la preparazione del materiale potrebbero portarmi a rimandare il compito.
Prova a prestare attenzione a cosa pensi e come ti senti nei momenti in cui ti appresti a dover preparare un compito nel quale non ti senti particolarmente preparato o che reputi particolarmente difficile.
Come dicevamo precedentemente questo può aiutarti a comprendere cosa ti blocca in quella specifica situazione, spingendoti a rimandare il lavoro.
Tra i pensieri che potremmo trovare in questa seconda situazione potrebbero essere:
- “Che senso ha? Tanto andrà male comunque.”
- “ Ci farò di nuovo un sacco di fatica e non cambierà niente”
Questi pensieri influenzano la nostra autoefficacia, poiché ci spingono a non affrontare il problema in maniera diversa, mostrandoci che le nostre azioni non sono efficaci e contribuendo al mantenimento della procrastinazione.
Auto-sabotaggio
La procrastinazione può anche essere vista come una forma di protezione per la propria autostima. Ritrovarci ad avere poco tempo per preparare un esame o effettuare un lavoro in un tempo minore ci porta inevitabilmente a lavorare in una condizione diversa rispetto a quella iniziale, dove ci saremmo trovati se non avessimo rimandato l’inizio del lavoro, avendo più tempo a disposizione.
Questo aspetto si ricollega ad una strategia chiamata “auto-sabotaggio” ovvero una modalità con cui tendiamo a proteggere la nostra autostima, ponendoci in condizioni tali che possono giustificare la nostra performance più negativa o non “perfetta”.
Ritrovarci quindi a terminare un compito, magari anche complesso in poco tempo ci permette di preservare la nostra autostima giustificandoci col fatto che se avessimo effettivamente avuto maggior tempo o maggiori risorse per portare a termine quel compito, il risultato sarebbe stato diverso.
Un aspetto molto importante che questa strategia non si delinea soltanto per proteggerci in caso di un risultato negativo o di un fallimento, ma ci aiuta anche nel caso le aspettative del nostro risultato fossero particolarmente alte o talvolta realistiche, giustificando il non raggiungimento di una performance talvolta impossibile.
- “Non ho preso 30 perché non ho avuto abbastanza tempo per studiare.”
- “Avrei preso anche la lode se avessi avuto giusto un paio di giorni in più.”
- “Mi sarebbe servito più tempo per la presentazione per i clienti, ma con tutto quello che c’è da fare era impossibile fare di meglio col tempo che avevo.”
Questo meccanismo, che non sempre viene attuato in maniera consapevole, di per sé non è un aspetto da cancellare completamente nei nostri comportamenti, è una modalità che possiamo utilizzare per preservare la nostra autostima. Come dicevamo precedentemente, questo aspetto diventa problematico soltanto se comincia ad arrecare disagio all’interno della nostra vita.
“Deve essere perfetto”
La procrastinazione è spesso legata al perfezionismo. La paura del giudizio altrui e l’idea che il proprio lavoro debba essere impeccabile possono bloccare l’inizio di un compito proiettando il pensiero a quello che accadrà quando il compito sarà terminato, portandoci ad anticipare quelle che riteniamo essere le possibili reazioni di fronte ad una performance non impeccabile.
Ecco alcuni pensieri tipici:
- “Se non faccio un lavoro perfetto, penseranno che sono incompetente.”
- “Non posso permettermi errori, altrimenti tutto questo lavoro sarà inutile.”
Come smettere di procrastinare
È importante chiarire che la procrastinazione non è una psicopatologia, sebbene possa essere presente in quadri di depressione e di disturbi d’ansia. Essa può essere presente in situazioni di forte stress o come strategia per gestire emozioni, come ansia e noia. Anche se non sempre influisce sulla performance, imparare a gestirla può migliorare il benessere psicologico la nostra relazione con i compiti che tendiamo a procrastinare, rendendoli meno stressanti.
Lo faccio subito: strategie per combattere la procrastinazione
È possibile affrontare la tendenza a procrastinare, innanzitutto è fondamentale prestare attenzione a ciò che proviamo ed ai pensieri che abbiamo nei momenti in cui rimandiamo il compito. Comprendere le credenze e le emozioni predominanti in quei momenti può aiutarci a diventare più consapevoli delle motivazioni alla base della nostra procrastinazione.
Oltre a questo è possibile implementare delle strategie per aiutarci ad affrontare il compito riducendo la nostra tendenza a reinviarlo.
1. Suddividere il compito in piccoli obiettivi
Un compito complesso e poco definito può sembrare opprimente. Suddividerlo in passaggi più piccoli e concreti lo rende più gestibile e ci aiuta a sentirci maggiormente in grado di affrontarlo.
- Invece di pensare “Devo prepararmi per l’esame di statistica”, focalizzati su un obiettivo specifico come “Oggi studio 30 pagine.”
- Invece di dire “Devo preparare la presentazione per i clienti”, inizia con “Oggi definisco i punti principali del prodotto da presentare.”
Dividere un lavoro particolarmente difficile o complesso in vari compiti più piccoli e concreti può aiutarci a definire una priorità dei compiti e ci permette di confrontarci con lavori più piccoli e definiti, permettendoci di affrontarli in maniera più efficace.
Inoltre portare a termine questi obiettivi ci permette di fare esperienza di successo in quel compito che ci sembrava così complesso e difficile nel suo insieme, rafforzando la nostra auto-efficacia e permettendoci di sperimentare come le nostre azioni siano efficaci.
2. Affrontare le credenze negative
Come abbiamo visto pensieri come “Non sono capace” o “Deve essere perfetto” possono presentarsi quando ci interfacciamo ad un compito nuovo o complesso. Il rischio è quello di approcciarci a questo tipo di pensieri accettandoli automaticamente e considerandoli veri senza metterli in discussione. Un aspetto importate diventa invece quello di interrogarci su quanto possano essere effettivamente veri i pensieri che ci vengono in mente in quei momenti o quanto possano invece essere presenti delle spiegazioni alternative.
- “Questo singolo compito non definisce tutto il mio valore professionale.”
- “Se mi concentro su un obiettivo alla volta, posso farcela.”
- “Ci tengo a fare un lavoro ben fatto e mi impegnerò per questo, ma non c’è bisogno che sia perfetto.”
3. Gestire ansia e stress
Rimandare un compito per abbassare i livelli di ansia è una strategia che nel breve termine fornisce un sollievo allontanandoci da ciò che ci provoca un’emozione spiacevole, ma sul lungo termine contribuisce a mantenere il problema impedendoci di fare esperienza di avere le capacità di gestire la situazione e portare avanti il lavoro. Affrontare gradualmente il compito e utilizzare tecniche di rilassamento può aiutare nel breve termine, mentre cerchiamo di comprendere il motivo per cui quel particolare compito ci genera un senso di ansia ed apprendere come poter gestire tale situazione con più serenità grazie ad un percorso con un professionista. È sempre importante tenere a mente che emozioni spiacevoli come l’ansia sono aspetti che non possono essere eliminati definitivamente in quanto parte della nostra esperienza umana e fonti preziose di informazioni sul come percepiamo il mondo.
Conclusione
Comprendere le radici della procrastinazione è il primo passo per affrontarla. Attraverso strategie mirate, come suddividere i compiti e mettere in discussione le proprie convinzioni, è possibile ridurre l’impatto della procrastinazione e migliorare il proprio benessere psicologico.
Se la procrastinazione sta influenzando negativamente la tua vita, un percorso di supporto psicologico può aiutarti a trovare strategie personalizzate e a sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva per affrontare le sfide con serenità.
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