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Quando parliamo di bullismo, spesso ci concentriamo sulle vittime, dimenticando chi sta dall’altra parte. Ma chi è davvero il “bullo”? Cosa lo spinge a comportarsi in modo aggressivo, umiliante, distruttivo verso gli altri? Questo articolo esplora la psicologia del bullo per aiutare genitori, insegnanti e professionisti a capire meglio come intervenire.
Il termine “bullo” rischia di ridurre un comportamento complesso a un’identità fissa. In realtà, il bullismo è un comportamento, non una condanna. Può manifestarsi già nella scuola primaria, ma non tutti i bambini aggressivi diventeranno bulli cronici.
Il bullo spesso assume questo ruolo per ottenere potere, attenzione o rispetto. Ma dietro questa facciata si celano fragilità profonde, a volte invisibili.
Molti bulli agiscono per mascherare una profonda insicurezza. Sentirsi forti agli occhi degli altri è un modo per nascondere la propria vulnerabilità.
Un bambino può imparare l’aggressività osservandola a casa, tra adulti, oppure essere cresciuto in un contesto di ipercritica, punizioni rigide o assenza di confini. In questi casi, il bullismo può diventare un modo per affermarsi o chiedere attenzione.
In alcuni casi, il bullo è stato egli stesso vittima: di trascuratezza, abusi, esclusione. Il comportamento aggressivo diventa un meccanismo di difesa, una barriera contro il dolore.
Dietro la rabbia e il controllo c’è spesso un bisogno urgente: sentirsi visti, considerati, amati. Il bullo prova spesso una profonda frustrazione, non sa gestire le emozioni e usa la prevaricazione come linguaggio.
Il problema è che questo comportamento viene rinforzato se porta “vantaggi” (popolarità, rispetto, paura altrui). Il cambiamento è possibile solo se si intercetta il disagio alla radice.
Molti bambini aggressivi possono trasformare i loro comportamenti se trovano adulti capaci di ascoltarli e di contenere il loro disagio. Il cambiamento richiede tempo, costanza e una rete che lavori insieme.
Nel nostro articolo sul bullismo nelle scuole trovi strumenti per riconoscere e prevenire il problema. Se invece vuoi lavorare sull’autostima, guarda anche questo approfondimento.
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